Cerchiamo di spiegare il funzionamento del nuovo sistema di comunicazione cellulare di quinta generazione (5G) di cui oggi tanto si parla, diffondendo, talvolta anche disinformazione.
Cominciamo a chiarire cosa è il 5G.
Il 5G è la nuova generazione della rete globale di telecomunicazioni: rappresenta un’evoluzione in termini di prestazioni rispetto alle generazioni precedenti, ma non riguarda esclusivamente questo.
Sebbene, infatti, da un lato il 5G continui il percorso di miglioramento della rete in termini principalmente di:
- velocità di trasmissione (fino ad 1 Gbps);
- densità di utenti serviti per area geografica (fino ad un milione di dispositivi connessi per Km2);
- ritardo della comunicazione (fino a ritardi di solo 1 ms);
dall’altro lato, abilita la realizzazione e la eventuale integrazione di scenari applicativi variegati a cui finora, con un’unica tipologia di rete, non era possibile accedere. L’avvento del 5G permette implementare applicazioni quali:
- comunicazioni ad alta affidabilità e a bassi ritardi, necessarie per abilitare, ad esempio, interventi chirurgici a distanza;
- interconnettere sensori e attuatori in un ristretto spazio fisico, richiesto, per esempio, nelle applicazioni di impianti industriali gestiti a distanza;
- comunicazioni ad alta velocità e densità, come quelle richieste allo stadio da spettatori che vogliono rivedere un’azione da altre angolazioni anche in realtà aumentata.
Permette, inoltre, di:
- realizzare reti virtuali separate sugli stessi apparati, in modo da consentire a più aziende di avere la propria rete isolata da quelle di altre aziende pur usando la stessa infrastruttura;
- creare e modificare reti 5G senza dover installare nuovi apparati ma mediante una semplice attività di configurazione software degli apparati esistenti;
- integrare i servizi di comunicazione con i servizi cloud con semplicità.
Si parla, quindi, di mMTC – massive Machine Type Communication, URLLC – Ultra Reliable Low Latency Communication e eMBB – enhanced Mobile BroadBand.
Grazie alle caratteristiche della nuova rete appena descritte, sarà possibile abilitare degli scenari applicativi che permettano di:
- migliorare sotto alcuni aspetti la qualità della vita degli utenti all’interno delle smart cities, attraverso, ad esempio, una migliore gestione del traffico privato (inclusi i mezzi a guida autonoma); ciò rende più efficienti i servizi di trasporto pubblico, abilita un efficiente controllo dell’uso dell’energia elettrica per l’illuminazione, introduce servizi di realtà aumentata per i turisti;
- rendere più efficienti le fabbriche/aziende, attraverso interconnessione a largo raggio di sensori e attuatori necessari negli impianti produttivi; ciò consente da un lato di aumentare la produttività, dall’altro di ridurre i cicli di manutenzione, grazie all’applicazione di tecniche di manutenzione predittiva;
- sviluppare dei sistemi a supporto della sostenibilità ambientale con un maggior controllo dell’uso delle risorse;
- migliorare comfort ed efficienza energetica nelle abitazioni;
- integrare servizi di telemedicina e attività medica da remoto e permettere un efficiente sistema di monitoraggio dei pazienti, sia da casa sia in ospedale.
Con la rete attuale non sarebbe possibile abilitare questi servizi perché vi sarebbe la necessità di aumentare il numero di dispositivi connessi alla rete per area geografica, di aumentare la velocità e di ridurre il ritardo di trasmissione cose che l’attuale tecnologia on air non riuscirebbe a gestire.
Frequenze utilizzate dal 5G
Ricordando che, a parità di potenza irradiata, all’aumentare della frequenza di trasmissione si riduce la distanza cui giunge il segnale, ma aumenta la banda disponibile, e ricordando, ancora, che il 5G fa uso delle seguenti frequenze di trasmissione:
- Bassa banda (inferiore a 1 GHz): 694-790 MHz, utile per garantire una copertura maggiore del territorio anche nelle aree rurali;
- Media banda (inferiore a 6 GHz): 3,6-3,8 GHz, utile per offrire una giusta proporzione tra copertura e capacità (un buon throughput);
- Elevata banda (a onde millimetriche): 26,6-27,5 GHz, utile per quelle applicazioni che richiedono un’elevata capacità, che sia, però, localizzata in aree molto limitate per estensione (a queste alte frequenze il segnale si indebolisce velocemente a mano a mano che ci si allontana dall’antenna), con elevata direttività del segnale.
(Nota: le onde millimetriche propriamente dette partono da un valore minimo di 30 GHz. La banda 26,6-27,5 GHz viene tuttavia assimilata alle onde millimetriche in quanto sufficientemente vicina a tale valore minimo).
E’ possibile affermare che:
- rispetto alla situazione attuale si estende il range di frequenze attualmente utilizzate:
2G, 3G, 4G: 800 MHz – 2,6 GHz. Si consideri che il WiFi, ampiamente diffuso, anche e soprattutto nelle abitazioni, utilizza un range frequenziale intorno ai 2,4 GHz e ai 5 GHz.
- La nuova banda introdotta in ambito radiomobile, quella delle onde millimetriche, nel rispetto dei vincoli di legge, potrà essere usata solo in applicazioni a corto raggio e situazioni di altissima densità di terminali e richieste di elevata capacità. Allo stato attuale queste frequenze non sono ancora in uso, almeno in Italia, e non si conoscono ancora i tempi per la realizzazione.
Serve un numero maggiore di Stazioni Radio Base per il 5G rispetto a quello utilizzato dalle tecnologie precedenti?
Il 5G richiede l’installazione di stazioni radio base su tutto il territorio, che andranno ad aggiungersi e, gradualmente, a sostituire quelle, ad oggi, in uso per garantire sia la copertura sia i servizi legati alle precedenti tecnologie (es. 2G, 3G, 4G).
In generale, più bassa è la frequenza, minore è l’attenuazione subita dal segnale nella tratta fra trasmettitore e ricevitore, quindi il segnale raggiunge il ricevitore con una qualità migliore. Al contrario, più è alta la frequenza, più il segnale trasmesso si attenua velocemente, e quindi la qualità si riduce notevolmente all’aumentare della distanza fra trasmettitore e ricevitore.
Un altro aspetto rilevante in questo contesto è associato al tipo di servizio che è necessario garantire sul territorio.
Chiaramente, alcuni dei servizi che sfrutteranno il 5G richiederanno capacità di trasmissione e di banda estremamente elevate (nell’ordine dei Gigabit per secondo). Per poter soddisfare tali servizi, la qualità del segnale ricevuto deve essere estremamente buona. Questo si traduce in una distanza fra trasmettitore e ricevitore molto bassa (nell’ordine delle decine di metri). Al contrario, altri servizi che sfrutteranno le potenzialità del 5G utilizzeranno delle capacità di banda e di trasmissione estremamente ridotte (nell’ordine del kilobit per secondo), che potranno essere soddisfatti anche se la distanza fra trasmettitore e ricevitore è elevata (nell’ordine dei chilometri).
Nel caso del 5G, verranno utilizzate tre distinte bande di frequenza molto diverse fra loro che differiscono per i servizi che le impiegheranno.
La banda bassa (sub GHz) e la banda media (sub 6 GHz), non prevedono un aumento significativo del numero di stazioni radio base, poiché, come accennato, queste frequenze sono analoghe a quelle attualmente in uso per le generazioni precedenti. Per quanto riguarda la banda associata alle onde millimetriche, l’elevata attenuazione subita dal segnale, unita alla necessità di supportare capacità dell’ordine dei Gigabit per secondo, renderà necessaria la capillare installazione di stazioni radio base in prossimità dei dispositivi a cui servirà l’accesso alla rete. Tali stazioni radio base non saranno dislocate su tutto il territorio, ma verranno impiegate soltanto laddove saranno ritenute strettamente necessarie, ad esempio nei centri commerciali, negli stadi, nelle stazioni e negli aeroporti, cioè in luoghi dove l’elevata richiesta di banda, dovuta al sovraffollamento, unita all’elevato numero di dispositivi contemporaneamente connessi, potrebbe saturare le tecnologie attualmente in uso.
Limiti di esposizione ai campi elettromagnetici
In Italia il DPCM dell’8 luglio 2003 ha fissato i limiti di esposizione della popolazione a sorgenti fisse radiotelevisive e per le telecomunicazioni che variano al variare della frequenza della sorgente.
È stato inoltre introdotto un valore di attenzione ed un obiettivo di qualità di 6 V/m, inteso come valore medio nelle 24 ore (DL n° 179 del 18/10/2012), per qualunque frequenza all’interno dell’intervallo 100 kHz – 300 GHz (range che include anche le frequenze del 5G), da osservare nei luoghi dove è possibile una permanenza degli utenti superiore a 4 ore.
Con un approccio fortemente precauzionale, a titolo di misura cautelativa per la protezione da possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi alle esposizioni ai campi generati a tali frequenze, è stato fissato, quindi, il limite a 6 V/m che, in termini di densità di potenza incidente, è 100 volte inferiore a quello già stimato essere valido dalla comunità internazionale.
Tale limite è quello utilizzato anche per le tecnologie attualmente in uso, e quindi, precursori di quella relativa al 5G.
Si ribadisce, quindi, che, questo limite deve essere rispettato da tutte le trasmissioni che utilizzano frequenze comprese nella finestra dei 100 kHz – 300 GHz, di conseguenza da tutti i sistemi radio già esistenti (3G/4G) e di nuova implementazione (5G).
Il controllo delle emissioni in termini di campi elettromagnetici è affidato alle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA), che si impegnano a fare in modo che i limiti associati a suddette emissioni siano rispettati, certificando anche l’eventuale superamento dei limi stessi, laddove presente, attraverso misure di campo ad-hoc.
Ad ogni regione è associata una propria ARPA di riferimento (ad eccezione del Trentino Alto-Adige, che include due Agenzie provinciali per l’ambiente, ciascuna operante in una provincia anziché sull’intera regione).
5G ed effetti sulla salute
Secondo un recente documento redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) [1], la letteratura attuale non dimostra alcun collegamento causale tra l’insorgenza di effetti collaterali sulla salute e l’esposizione a campi elettromagnetici generati dalle tecnologie wireless. Queste considerazioni sono basate su risultati ottenuti da un vasto insieme di studi condotti sull’intero intervallo di frequenze utilizzato da tali tecnologie wireless.
Tuttavia, è bene ricordare che un numero relativamente ridotto di studi si sia focalizzato sulle frequenze usate dalla tecnologia 5G (e in particolare sulle onde millimetriche).
L’unico effetto accertato sulla salute dell’uomo associato all’esposizione di lunga durata a campi elettromagnetici, alle frequenze di interesse, è relativo al riscaldamento dei tessuti. L’esposizione ai campi elettromagnetici generati dalle tecnologie wireless attualmente in uso provoca un aumento di temperatura che, però, risulta trascurabile, nel corpo umano.
All’aumentare della frequenza adottata (per esempio passando dalle microonde a onde millimetriche), la penetrazione del campo elettromagnetico nel corpo umano si riduce e l’energia assorbita rimane confinata sugli strati superficiali del corpo che riflette l’energia delle onde.
Va, inoltre, sottolineato che il rispetto dei limiti internazionali (e di quelli nazionali, ancora più restrittivi) tiene conto dell’esposizione totale dovuta alle diverse sorgenti di campo elettromagnetico: di conseguenza non sono previsti danni alla salute.
Ciò nonostante, l’OMS sta conducendo una valutazione dei rischi dovuta all’esposizione alle radiofrequenze, i cui risultati saranno disponibili entro il 2022. Ulteriori ricerche e studi sulle possibili interazioni tra l’esposizione a lungo termine ai campi elettromagnetici operanti al di sotto dei limiti consentiti dalla legge e gli eventuali possibili effetti sulla salute, continuano ad essere condotti, dai centri preposti, al fine di garantire quanta più trasparenza agli utenti sull’argomento
5G e ambiente
Come nel caso delle precedenti generazioni (dal GSM a LTE) il principale impatto ambientale associato all’implementazione della rete 5G deriva dalla produzione dei dispositivi che utilizzano tale tecnologia: smartphone, tablet, antenne, sensori, etc.
Tuttavia la trasformazione digitale associata all’uso del 5G prevede l’offerta e l’introduzione di soluzioni che siano ecosostenibili e circolari nelle attività quotidiane dell’uomo: dematerializzazione, gestione delle informazioni e dei servizi più efficiente, economica e rapida, mobilità sostenibile, efficienza energetica degli ambienti. Questo porta ad un miglioramento dell’utilizzo delle risorse, della sostenibilità ambientale e della qualità della vita dei cittadini.
Nell’ampio panorama dei lavori pubblicati sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici non mancano lavori che pongono l’attenzione sulla loro influenza sull’ecosistema (uccelli, insetti, piante).
Tuttavia risultati contrastanti, la mancanza di standardizzazione (dosimetria, la maggior parte degli esperimenti condotti in laboratorio e non in campo o semi campo), il numero limitato di osservazioni (statistica), limitano la possibilità di generalizzare i risultati a livello di ecosistema.
5G ed aumento esponenziale dei livelli di emissioni
Se è vero che per poter fornire un adeguato e performante servizio 5G, è necessario installare delle nuove stazioni radio base sul territorio, tali stazioni andrebbero a sommare l’esposizione ai campi elettromagnetici a cui attualmente si è esposti. Tuttavia non è previsto un aumento esponenziale dei livelli di emissione sul territorio, per diversi motivi:
- i limiti italiani imposti in termini di emissioni, come affermato in precedenza sono molto stringenti, e dunque impongono dei livelli di esposizione estremamente contenuti, specialmente nelle zone di territorio dove i cittadini tendono a trascorrere la maggior parte del proprio tempo.
- nelle zone urbane i siti attualmente ospitanti le stazioni radio base mostrano già un certo grado di saturazione, ovvero valori di campo elettromagnetico stimato prossimo al limite di legge dei 6 V/m. Sebbene il campo elettromagnetico effettivamente misurato sia di gran lunga inferiore a quello stimato, è importante ricordare come in fase autorizzativa la stima del campo elettromagnetico rivesta un ruolo fondamentale nella valutazione del possibile impatto dovuto all’introduzione di una nuova antenna nel sito. È quindi possibile che nelle zone urbane la presenza di vaste zone di saturazione riduca drasticamente la possibilità di installare nuove antenne 5G, a meno di non dismettere alcune stazioni radio base associate alle tecnologie precedenti. Questo aspetto limita quindi fortemente il presunto aumento di emissioni elettromagnetiche dovute alla tecnologia 5G, i cui livelli, ribadiamo, saranno comunque sempre inferiori rispetto ai limiti di legge.
- Saranno utilizzate delle antenne intelligenti (smart antennas) che anziché distribuire il fascio in maniera uniforme su tutto il raggio di copertura, andranno ad irradiare, con fasci più piccoli, solo le zone da cui provengono le richieste di servizio e accesso alla rete da parte dei dispositivi.
Effetto sulle emissioni causato milioni di dispositivi contemporaneamente connessi
Il limite sulla densità di potenza per il 5G è uguale a quello imposto per le precedenti generazioni. Per rispettare tale limite e, al contempo, poter aumentare il numero di connessioni, potrebbe essere richiesto un incremento del numero di antenne in alcune zone al fine di garantire un’adeguata copertura. L’aumento del numero di antenne, contrariamente al ciò che comunemente si pensa, unitamente all’utilizzo delle smart antennas, potrebbe avere il vantaggio di ridurre la potenza emessa dalla singola antenna e di ridurre, di conseguenza, i livelli globali di esposizione.
Campi elettromagnetici a radiofrequenza classificati come “possibilmente cancerogeni” dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro
Le valutazioni dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) riguardano l’identificazione dei fattori ambientali che aumentano la probabilità di insorgenza di tumori nell’uomo. Nel 2011 la IARC ha classificato i campi elettromagnetici a RF (Radio Frequenza) come agenti possibilmente cancerogeni (gruppo 2B). Tale classificazione si basa su una limitata evidenza nell’uomo e una insufficiente evidenza negli animali da laboratorio. Relativamente ai campi elettromagnetici a RF, la limitata evidenza è basata sui risultati di alcuni studi epidemiologici che indicavano una possibile correlazione tra l’uso prolungato dei telefoni cellulari e l’insorgenza di alcuni tumori cerebrali.
Il rapporto ISTISAN 2019, recentemente pubblicato dall’Istituto Superiore della Sanità, ha fatto il punto della situazione. Gli studi epidemiologici più recenti indicano una assenza degli incrementi ipotizzati nell’andamento temporale dei tassi d’incidenza e risultati negativi degli studi di coorte. Vengono così confermate le conclusioni del rapporto SCENIHR (2015) sui rischi di tumore da esposizione a campi a RF. Si riporta la traduzione letterale di una sintesi pubblicata su una rivista scientifica: “I risultati degli studi di coorte e gli studi sui trend temporali d’incidenza non supportano un incremento del rischio di glioma, mentre rimane aperta la possibilità di un’associazione con il neurinoma acustico. Gli studi epidemiologici non indicano incrementi di rischio per altre neoplasie, inclusi i tumori infantili.”
I risultati degli studi sulla valutazione degli effetti a lungo termine, incluso l’uso del cellulare nei bambini e la valutazione di un’eventuale maggiore vulnerabilità nell’infanzia, sono costantemente monitorati da panel di esperti nazionali e internazionali.
Veronica Maiello
Riferimenti
Wiedemann PM, Boerner FU, Repacholi MH. Do people understand IARC’s 2B categorization of RF fields from cell phones? Bioelectromagnetics 2014;35(5):373-8. 366.
International Agency for Research on Cancer (IARC). IARC Monographs Questions and Answers. Lyon: IARC 2015. https://www.iarc.fr/wpcontent/uploads/2018/07/Monographs-QA.pdf
Lagorio S, Anglesio L, d’Amore G, Marino C, Scarfì MR: Rapporto ISTISAN 19/11 “Radiazione a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche” http://old.iss.it/publ/?lang=1&tipo=5
Scientific Committee on Emerging Newly Identified Health Risk. Opinion on potential health effects of exposure to electromagnetic fields. Bioelectromagnetics 2015;36(6):480-4.
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